Prendersi cura dei caregiver in azienda, per una Employee Experience eccellente

In Italia, ogni giorno, oltre 7 milioni di caregiver assistono un famigliare malato o con disabilità (dati ISTAT).
È un ruolo che comporta un grande carico fisico ed emotivo; spesso richiede decine di ore alla settimana, a scapito della vita privata e lavorativa.
Lottano alla costante ricerca di un equilibrio, perché si dividono costantemente tra la cura quotidiana dei propri cari e il lavoro.
Molto spesso sono costretti a rivedere le proprie ambizioni professionali, ridurre l’orario lavorativo o, nei casi più estremi, dimettersi.
Un impegno del genere, con il passare degli anni, può anche portare al burden del caregiver, con sintomi simili al burnout.
Nonostante ciò, nelle aziende, la situazione dei lavoratori che sono anche caregiver è molto sottovalutata.
Sono molti i brand che parlano di valori come come sostenibilità, trasparenza, inclusività ma poi falliscono nel tradurre queste parole in azioni concrete, dimostrando così poca consistenza, credibilità e concretezza.
In questo articolo affronto l’importanza di “prendersi cura di chi cura” nelle aziende e fornisco alcune possibili soluzioni per sostenere e dare il giusto valore a questi collaboratori.
Caregiver ed Employee Experience: prendersi cura di chi cura, anche nelle aziende
Occupandomi di Customer Experience, all’interno della quale rientra anche l’Employee Experience, sottolineo spesso l’importanza di sostenere i collaboratori che sono caregiver.
Le aziende possono – e devono – adottare strategie proattive per aiutarli, creando un ambiente di lavoro più inclusivo e flessibile.
Questo supporto si traduce in un equilibrio tra responsabilità lavorative e assistenziali, offrendo benefici:
• sia all’azienda in termini di riduzione dell’assenteismo, del turnover e miglioramento della produttività;
• sia ai collaboratori, migliorando il loro benessere e soddisfazione lavorativa.
Il rapporto ‘The Caring Company‘ della Harvard Business School evidenzia una discrepanza tra la percezione dei datori di lavoro e la realtà vissuta dai dipendenti caregiver: solo il 24% dei datori di lavoro riconosce l’impatto del caregiving sulle prestazioni dei dipendenti, mentre più dell’80% dei collaboratori caregiver afferma che le loro responsabilità a casa influenzano il loro lavoro.
Per affrontare questa criticità, le aziende dovrebbero promuovere una cultura aziendale che incoraggi i dipendenti a condividere le proprie esperienze, senza la paura di ripercussioni sulla carriera.
Infatti è molto alta la casistica di persone che nascondono la propria situazione famigliare per evitare demansionamenti o conseguenze peggiori (ai limiti del mobbing).
Alcune soluzioni per supportare i caregiver (e non solo)
Un medico mi ha detto una frase che mi è rimasta impressa, mentre realizzavo questa inchiesta. Mi ha detto: «Vede, c’è gente che viene da noi e avrebbe bisogno non di tre pillole al giorno, ma di tre abbracci al giorno». Ed è forse proprio di questo che molti cominciano a sentire il bisogno, non solo negli ospedali, ma anche nella vita.
(Piero Angela)
Il tema è molto delicato e le casistiche in questo ambito sono tutte diverse tra loro.
Per cui, ogni situazione andrebbe affrontata in base al contesto lavorativo, alle necessità dei singoli, agli obiettivi aziendali e svariati altri fattori.
Tuttavia, secondo me, ci sono alcune soluzioni da cui si può partire per ambire al “titolo” (passami il termine 😉) di Caring Company.
Eccone alcune di seguito.
1. Formazione e sensibilizzazione di CEO e manager
La trasformazione comincia dai vertici aziendali. È fondamentale pensare a programmi di formazione in cui CEO e manager apprendono come riconoscere i bisogni dei caregiver e come sviluppare strategie di supporto efficaci. Significa partecipare a workshop, sessioni interattive e studiare casi reali, che guidano verso la comprensione delle difficoltà quotidiane dei caregiver e permettono di rispondere con empatia e flessibilità.
2. Politiche di flessibilità lavorativa
Il lavoro flessibile non è un “nice to have”, ma un “must have” per i caregiver. Parlare di flessibilità significa progettare orari personalizzati, possibilità di lavoro da remoto e soluzioni part-time. Si tratta di opzioni fondamentali per aiutare i caregiver a gestire le loro responsabilità multiple senza stress aggiuntivo, garantendo loro un modo per essere produttivi e sereni sia in ufficio che a casa.
3. Reti di supporto interne
Creare uno spazio sicuro all’interno dell’azienda dove i caregiver possono incontrarsi, condividere esperienze e offrire supporto reciproco. Queste reti di supporto o gruppi, oltre a fornire un sostegno emotivo, possono essere catalizzatori per l’innovazione nelle politiche aziendali, offrendo insight preziosi su come l’azienda può evolversi per rispondere meglio alle loro esigenze.
4. Benefit e servizi di supporto
Fornire servizi come consulenza finanziaria, supporto psicologico, o assistenza domiciliare non solo allevia il carico dei caregiver, ma mostra anche un impegno tangibile dell’azienda verso il benessere dei suoi dipendenti. Tali benefit possono variare da sconti su servizi di assistenza a partnership con professionisti in vari ambiti, creando una rete di supporto che va oltre le mura dell’ufficio.
5. Misurazione dell’impatto del caregiving
Attraverso sondaggi regolari e analisi dei dati, le aziende possono acquisire una comprensione più profonda dell’impatto del caregiving sui loro dipendenti. Un approccio di questo tipo può portare a nuove politiche, più efficaci nel supportare i caregiver, garantendo che le loro esigenze siano non solo ascoltate, ma anche attivamente soddisfatte.
6. Ascolto e comunicazione aperta e trasparente
Favorire un dialogo aperto e continuo è essenziale. Attraverso incontri regolari, canali di comunicazione dedicati, e una politica di “porte aperte”, i caregiver possono sentirsi ascoltati e supportati. Una comunicazione bidirezionale aiuta a identificare rapidamente i bisogni dei caregiver (e non solo) e, in più, rafforza il senso di comunità e appartenenza all’interno dell’azienda.
7. Valutazione equa e riconoscimenti
Assicurare che i caregiver siano valutati equamente significa riconoscere il loro contributo in termini di qualità e risultati, anziché in base alle ore passate seduti alla scrivania. Ciò implica anche offrire percorsi di carriera flessibili e opportunità di sviluppo professionale che tengano conto delle loro circostanze uniche di ogni persona, garantendo che nessuno sia lasciato indietro.
Essere caregiver arricchisce le persone di competenze fondamentali
Essere caregiver rende molto più forti e dotati di risorse di tante altre persone; nel cuore di queste persone c’è un “Perché” profondo che motiva intensamente, anche quando tutto il mondo sembra remare contro o il dolore è così grande da rischiare il burnout.
Ma nonostante questa forza interiore, un caregiver ha bisogno anch’esso di ricevere le attenzioni necessarie per proseguire la sua missione, sia nel contesto lavorativo che personale.
Attenzioni che spesso, nella nostra società, sono carenti.
L’obiettivo di un approccio come questo che sto esponendo, è far comprendere – anche ai caregiver stessi – che non sono un ostacolo per l’azienda ma che, al contrario, la loro esperienza di cura familiare li arricchisce di abilità trasferibili anche nel contesto lavorativo.
Alcune di queste skills fondamentali anche in ambito aziendale, sono:
• Comunicazione strategica sotto stress emotivo: saper ascoltare, esprimere e comprendere le esigenze, le emozioni e le informazioni di chi si prende cura e di chi collabora con loro. Implica capacità di comunicare in modo chiaro e strategico anche quando le emozioni sono alte, quelle proprie e degli altri, con i propri colleghi e clienti, oltre che con i propri familiari. Significa gestire conversazioni difficili, dare notizie complicate, mantenere chiarezza quando la tensione è massima. Questa è una competenza preziosa in crisi aziendali, negoziazioni critiche, fornitura di feedback difficili.
• Decision making sotto pressione: capacità di prendere decisioni con conseguenze serie, spesso con informazioni incomplete e tempi ridotti. Non è la pressione simulata dei workshop aziendali, qui è decidere in contesti in cui sbagliare ha conseguenze reali per persone che ami. Questa abilità si traduce in lucidità decisionale anche nei momenti più critici del contesto lavorativo.
• Problem solving in condizioni reali: affrontare e risolvere situazioni difficili o impreviste che possono sorgere nella cura di una persona con disabilità e non possono assolutamente essere rimandate, delegate o ignorate. Non teoria da caso studio, ma problemi concreti con vincoli reali. Implica una mentalità flessibile e creativa, in grado di trovare soluzioni innovative e adattabili a diversi scenari, soprattutto quando le soluzioni standard non funzionano
• Gestione del tempo e delle priorità sotto vincoli estremi: riuscire a organizzare e pianificare le proprie attività, le priorità e le scadenze, bilanciando le esigenze della cura con quelle personali e lavorative, spesso tutte contrastanti, tutte urgenti, tutte importanti. Comporta una buona capacità di gestire lo stress reale (non quello da deadline di un’email), ottimizzare risorse scarse, raggiungere obiettivi nonostante vincoli che non puoi rimuovere.
• Adattabilità strutturale: comprensione di come modificare il proprio comportamento e strategie in base ai cambiamenti imprevedibili e alle sfide che si presentano nella cura di una persona con disabilità. Ogni giorno è diverso, ogni giorno richiede soluzioni nuove. Non il “change management” dei libri, ma l’adattabilità vera che serve quando non puoi controllare la situazione ma devi comunque performare. Permette di essere pronti a imparare e a migliorare continuamente, di accettare il feedback, di affrontare e superare meglio le difficoltà.
• Lavoro di squadra e collaborazione in reti complesse: saper collaborare e coordinarsi con altri caregiver, familiari, operatori sanitari e assistenziali – ognuno con competenze, priorità e linguaggi diversi – creando una rete di sostegno e di condivisione. Significa creare una sintesi operativa tra prospettive differenti, condividere responsabilità, raggiungere obiettivi comuni senza gerarchia formale. Competenza fondamentale in team cross-funzionali aziendali.
• Compassione (non solo empatia): maggiore consapevolezza dei modi che permettono di entrare in sintonia con le persone, capire il loro punto di vista e le loro emozioni, mostrare rispetto e sensibilità. Comprensione profonda della differenza tra empatia (condividere il dolore dell’altro, rischiando di rimanere bloccati) e compassione (capire cosa serve davvero e agire, anche quando non è piacevole). La compassione permette di aiutare efficacemente colleghi, clienti e team in difficoltà, mantenendo capacità di azione. Favorisce la creazione di un clima di fiducia e di reale collaborazione, sia all’interno che all’esterno dell’azienda.
A questo punto, non pensi anche tu che i caregiver meritino di essere riconosciuti e valorizzati molto di più per le loro competenze?
Non credi che le aziende possano trarre un enorme beneficio dal sostegno dei caregiver, in ottica win-win?
Le aziende sono fatte di persone
Le aziende hanno un impatto sociale più forte del governo di un’intera nazione.
A livello imprenditoriale, prendersi cura dei caregiver è un atto di responsabilità sociale, ma anche una strategia aziendale intelligente.
Questo perché le aziende sono fatte di persone, non di macchinari, software e procedure… e, come affermo spesso, hanno un impatto sociale più forte del governo di un’intera nazione.
Quindi, in assenza di un sistema sociale, politico e sanitario con lacune significative, le imprese private hanno l’opportunità e la responsabilità di fare la differenza, mettendosi in prima linea per migliorare la vita delle persone.
Tra l’altro, insieme ai caregiver, ci sono altre figure che meritano attenzione in azienda, che svolgono ruoli importanti e spesso complessi.
Per esempio:
• i genitori, che devono conciliare le esigenze della famiglia con quelle del lavoro e spesso hanno bisogno di una maggiore flessibilità, di servizi di assistenza all’infanzia, di permessi e congedi parentali;
• i lavoratori con disabilità, che possono avere necessità di adeguamenti ragionevoli, di supporto e di inclusione;
• i lavoratori stranieri, che possono incontrare difficoltà linguistiche, culturali e burocratiche;
• i lavoratori anziani, che possono avere esigenze specifiche in termini di salute, sicurezza e formazione.
Un approccio olistico volto alla creazione di un ambiente di lavoro che supporti le persone significa investire nella salute e nel benessere dell’intero team, con ripercussioni positive a lungo termine sulla lealtà, soddisfazione e produttività di tutti gli stakeholder.
Siamo alla conclusione di questo articolo, che ovviamente non è in grado di esaurire un argomento così ampio, complesso e profondo.
Spero che possa fare luce su questa realtà spesso trascurata, ma anche ispirare soluzioni pratiche e umane per migliorare la vita di milioni di persone. Il cambiamento parte dalla consapevolezza e dal dialogo.
Ti senti pronto/a a fare la differenza nella vita dei colleghi caregiver della tua azienda?
O sei tu stesso/a un caregiver e lotti, ogni giorno, per fare fronte alle necessità della tua famiglia e, nel contempo, dell’azienda in cui lavori?
Condividi questo articolo con i tuoi colleghi e, se vuoi parlare delle tue esperienze e difficoltà con me, contattami in privato.
Ricorda che la tua voce, le tue azioni e il tuo impegno possono trasformare il tuo posto di lavoro in un ambiente più accogliente, solidale e produttivo.
Approfondimenti
• The Caring Company: How Employers Can Cut Costs And Boost Productivity By Helping Employees Manage [Harvard Business School]
• Da familiare a caregiver. La fatica del prendersi cura. di Laura Occhini e Gabriele Rossi [Ed. FrancoAngeli]
• Customer Experience: strategie per coinvolgere CEO e Manager nel processo di miglioramento
• Cos’è il Work Life Balance e come raggiungere l’equilibrio vita – lavoro grazie al digitale
• Lavorare senza paura di sbagliare: il segreto dei team di successo
• Umanizzare un’azienda: che significa, come fare e perché è importante
Glossario: Feedback