Business Performance Designer: chi è, cosa fa e come può aiutarti

Rare sono le persone che usano la mente, poche coloro che usano il cuore, uniche coloro che usano entrambi. (Rita Levi Montalcini)
Cosa succede quando devi decidere qualcosa di importante e il tempo stringe? Di solito le informazioni che hai sono incomplete, contraddittorie o insufficienti per fare una scelta con maggiore sicurezza. Eppure devi agire ora, senza possibilità di rimandare. E sai che sbagliare costa caro a livello economico, professionale e psicologico.
In queste situazioni, la maggior parte delle volte ci affidiamo all’istinto. A quella sensazione nella pancia che ci dice “vai da questa parte” o “forse è meglio aspettare”. Altre volte proviamo a essere razionali, mettiamo giù pro e contro su un foglio, pesiamo le opzioni. Ma quando la pressione sale, lo stress diventa tangibile e tutto si decide in un attimo, anche i metodi più strutturati sembrano inadeguati. La mente si annebbia, le emozioni prendono il sopravvento, alla fine decidiamo comunque “di pancia” e poi cerchiamo una giustificazione razionale che ci faccia stare meglio.
Questo modo di operare – con la mente annebbiata e senza il supporto adeguato – ha un costo preciso in:
• decisioni sbagliate che avremmo voluto prendere in maniera differente;
• parole usate male che rovinano relazioni di lavoro costruite in anni;
• problemi piccoli che diventano enormi perché non li abbiamo affrontati nel modo giusto quando era il momento.
E ogni volta che succede, ci promettiamo che la prossima volta faremo meglio, che staremo più attenti, che penseremo prima di parlare o di agire. Ma sappiamo già, in fondo, che probabilmente succederà di nuovo. Siamo fatti così, è normale, non saremo mai perfetti. L’importante è acquisirne la consapevolezza e diventare più bravi nel ridurre la frequenza di pensieri, parole e azioni che fanno male a noi e agli altri.
Nel 2025 ho coniato il termine “Business Performance Designer” per descrivere una figura professionale che non esisteva e che lavora esattamente su questo: come le persone pensano, comunicano, decidono e risolvono problemi quando la pressione è alta e il margine di errore deve essere ristretto. Non attraverso teorie astratte o storielle motivazionali, ma attraverso l’analisi rigorosa di dati reali, di performance verificate in situazioni estreme, trasformati in strumenti pratici che chiunque può usare quando serve davvero.
Questo articolo ti spiega chi è questa figura, cosa fa concretamente, quali competenze richiede e, inoltre, quali obiettivi può aiutarti a raggiungere.
Che cosa significa “Business Performance Designer”
Ho coniato questo termine perché nessuna delle categorie professionali esistenti descriveva più, in modo preciso, quello che faccio oggi. Ho esperienza ventennale in consulenza (ho affiancato oltre 350 imprenditori e manager) e formazione (ho formato 7.000 persone), ma ora il mio lavoro è diverso: non vendo principalmente tempo, non mi limito a consigliare, insegnare o accompagnare in modo continuativo tramite il classico modello one-to-one. L’evoluzione nasce dalla consapevolezza che serve un approccio più scalabile, pratico e accessibile per le PMI italiane e che, soprattutto, permetta di aiutare in modo concreto molti più imprenditori contemporaneamente.
È una figura che non nasce soltanto dalla mia vita professionale, ma anche dal fatto che da diversi anni sono un caregiver. Prendo decisioni che hanno conseguenze serie per persone che amo, spesso con informazioni incomplete, quasi sempre in situazioni ad alta intensità temporale e psicologica. Devo comunicare in modo chiaro e strategico anche quando il livello emozionale è elevato, il mio e degli altri. Mi occupo di risolvere problemi concreti che non posso rimandare, né ignorare. Questa realtà mi ha fornito competenze che venticinque anni di consulenza e formazione da soli non avrebbero potuto insegnarmi.
Ho imparato sulla mia pelle la differenza tra empatia e compassione. Paul Bloom nel suo libro “Against Empathy” lo spiega bene: la prima ti porta a condividere il dolore dell’altro ma rischi di restare bloccato, la seconda ti permette di capire cosa serve davvero e ti fa agire anche quando non è piacevole. Ho sviluppato adattabilità e flessibilità strutturale: ogni giorno è diverso, ogni giorno richiede soluzioni nuove. Ho capito cosa significa davvero decidere in momenti critici, quando sbagliare non è un’opzione. Per cui, quando parlo di pensare lucido, comunicare strategico, decidere sotto incertezza, risolvere problemi complessi… non parlo di teoria, ma di quello che ho dovuto imparare a fare, ogni singolo giorno, da anni.
E adesso – in qualità di Business Performance Designer – analizzo, con rigore scientifico, come le persone performano sotto pressione. Non la pressione normale del lavoro quotidiano, che spesso è solo una sensazione di avere troppe cose da fare e poco tempo. Parlo della pressione vera, quella che a volte ti toglie il fiato. Quando devi decidere qualcosa di irreversibile con informazioni incomplete. Nei casi in cui devi comunicare una notizia che potrebbe fare male a qualcuno. Oppure hai provato tante soluzioni diverse e tutte hanno fallito. Il tempo è scaduto e devi agire comunque, anche se non ti senti pronto.
In queste situazioni, le persone si comportano in modi specifici. Alcuni mantengono lucidità e prendono decisioni sorprendentemente buone. Altri collassano e fanno errori che in condizioni normali mai farebbero. La differenza non è solo nel talento naturale o nell’esperienza. C’è qualcosa di più profondo: ci sono meccanismi cognitivi e comportamentali specifici che distinguono chi recupera da chi affonda. E questi meccanismi si possono osservare, misurare, capire e – soprattutto – applicare attraverso i giusti strumenti.
Il mio lavoro parte dall’analisi quantitativa di queste situazioni. Studio performance verificate in contesti dove la pressione è documentabile oggettivamente, soprattutto il calcio professionistico, dove ogni finale, ogni recupero impossibile, ogni momento critico è registrato, analizzato, misurato con dati precisi. Identifico pattern ricorrenti: cosa fanno le squadre che recuperano uno 0-3 in finale? Come comunicano tra loro nei momenti peggiori? Quali decisioni tattiche prendono e quando? Come reagiscono agli errori?
Una volta identificati questi pattern, li valido attraverso la ricerca scientifica consolidata su bias cognitivi, decision-making sotto incertezza e problem solving. Verifico che quello che ho osservato non sia un caso isolato, ma corrisponda a meccanismi psicologici e cognitivi ben documentati. Poi li trasformo in strumenti operativi applicabili al business.
Non racconto semplicemente storie ispiranti su come il Liverpool ha vinto una finale impossibile. Prendo i meccanismi specifici che hanno permesso quella rimonta e li traduco in framework, playbook, template che un imprenditore usa quando si trova in situazione analoga. Strumenti testati con utenti reali prima della distribuzione, presentati con i loro limiti di applicazione espliciti e condizioni di validità. Se non funzionano in un contesto specifico, capisci esattamente perché.
Perché serve questa nuova figura professionale
Il mercato della formazione, della consulenza e del coaching per imprenditori offre molte opzioni, ma quando ti trovi con le spalle al muro – devi licenziare persone o chiudere un’area di business, comunicare ai soci che il prodotto va rifatto da zero, hai provato dieci soluzioni diverse e tutte hanno fallito – spesso nessuna di queste figure ti dà quello che serve.
Il consulente strategico ti fa un’analisi personalizzata che costa troppo e richiede mesi: report incomprensibili di decine di pagine, presentazioni PowerPoint, meeting interminabili. Spesso si investe più tempo in supercazzole e raccomandazioni generiche che nell’affrontare il problema in modo concreto.
Il coach ti accompagna nel percorso di crescita personale con sessioni settimanali per mesi. Ti aiuta a lavorare su te stesso, ma tu non hai bisogno di sei mesi di sessioni, hai bisogno di uno strumento che funzioni adesso.
Il formatore ti insegna teorie interessanti in aula su leadership, negoziazione, gestione del tempo. Ma quando torni in ufficio e ti trovi davanti alla decisione concreta, quelle teorie sembrano improvvisamente lontane dalla realtà.
Chiariamoci: esistono consulenti, coach e formatori eccellenti. Ma troppe esperienze negative – chiacchiere, tempo perso, costi alti, risultati scarsi – hanno eroso la fiducia di molti imprenditori nei confronti nel mercato. Per una PMI con budget e tempo limitati, trovare l’aiuto giusto è ormai diventata una scommessa molto rischiosa.
La criticità non è solo economica o temporale, ma strutturale. Esiste un gap enorme tra teoria e pratica che nessuno risolve davvero. Ecco quattro esempi concreti:
Primo gap: sapere generico vs saper fare concreto
Ti dicono “bisogna essere lucidi sotto pressione”. Vero. Ma come? Quali sono i passaggi precisi per non farti travolgere dall’ansia quando devi licenziare qualcuno o annunciare ai soci che il prodotto va rifatto? Il Business Performance Designer ti fornisce una sequenza strutturata: come separare i fatti dalle interpretazioni emotive, quali domande porti per recuperare lucidità, come rallentare quando l’istinto ti spinge a reagire di fretta. Non motivazione generica, ma una procedura applicabile.
Secondo gap: soluzioni preconfezionate vs domande giuste
La maggior parte dei professionisti ti dice cose generiche, oppure quello che vuoi sentirti dire, perché il modello consulenziale tradizionale – purtroppo – privilegia la durata della relazione rispetto alla risoluzione rapida del problema. Il Business Performance Designer sa che il vero lavoro non è darti risposte, ma farti le domande giuste: quelle che ti fanno capire quale informazione ti manca davvero, quale problema stai ignorando, quale soluzione hai scartato troppo in fretta. Le risposte le trovi tu, ma solo se qualcuno ti guida a porre il problema nel modo corretto.
Terzo gap: consigli vaghi vs guide operative
Ti dicono “devi comunicare meglio”… e poi? Il Business Performance Designer ti dà una guida operativa per quella conversazione difficile che rimandi da settimane: come aprirla, come gestire le obiezioni prevedibili, quando fermarti ad ascoltare, come chiudere senza lasciare ambiguità. Non un copione rigido, ma una mappa per navigare all’interno della conversazione anche quando l’altra persona reagisce male.
Quarto gap: teoria astratta vs framework tattico
Capisci in teoria che dovresti “pensare in modo più strutturato”. Ma quando sei nel mezzo della crisi, con il cervello annebbiato dallo stress e dieci problemi che ti urlano tutti insieme nella testa, la teoria non ti serve a niente. Il Business Performance Designer ti dà un framework tattico che ti guida passo passo: come distinguere cosa è davvero urgente da quel che è importante, come scomporre un problema che sembra ingestibile, come decidere su cosa agire subito e cosa rimandare senza sensi di colpa.
Il Business Performance Designer riempie questi gap: evita di vendere tempo a ore, non trascina processi per lunghi mesi, né insegna teorie che poi devi tradurre tu nella pratica.
Crea strumenti che funzionano quando li usi (nel modo giusto e nel giusto contesto): framework decisionali, playbook operativi, template strutturati, checklist, mini-corsi super focalizzati. Ti guidano nel fare il lavoro più importante, spesso sottovalutato: capire qual è davvero il problema prima di iniziare a risolverlo.
Gli strumenti stessi ti aiutano a rallentare quando la pressione ti spinge a reagire di fretta, a guardare la situazione da prospettive multiple, a distinguere sintomo da causa profonda. Questo approccio – che integra design thinking e pensiero laterale – è il cuore del metodo.
“Siccome ho molta fretta, vado molto piano” (Napoleone)
Si tratta di definire il problema con precisione attraverso una struttura che ti guida. Questo ti permette poi di agire velocemente e con efficacia. Soprattutto, si tratta di strumenti “self-service by design” e accessibili 24/7. Li usi nel momento in cui ti servono, anche di domenica e senza attendere settimane per un consulente. Le tempistiche di risoluzione variano in base alla complessità del problema, ma la disponibilità immediata dello strumento elimina i mesi di processo tipici delle consulenze tradizionali.
Competenze del BPD e ambiti di intervento
Il lavoro del Business Performance Designer si articola su due livelli: quattro competenze fondamentali e sei ambiti concreti di applicazione.
Le quattro competenze fondamentali
Sono capacità specifiche che – durante momenti critici – fanno la differenza tra successo e fallimento, tra lucidità e confusione, tra azione efficace e reazione sbagliata, tra il cambiare le cose che puoi cambiare e arrendersi.
1) Pensare in modo consapevole e lucido. Sembra banale, ma quando la pressione sale non lo è affatto. La nostra mente, sotto stress, tende ad amplificare tutto. Un problema diventa una catastrofe, un’incertezza diventa una certezza di fallimento e un’emozione negativa diventa l’unica realtà che esiste. Questo meccanismo – perfettamente normale e umano – ci fa perdere lucidità proprio quando ne avremmo più bisogno. Il Business Performance Designer crea strumenti che aiutano ad accettare la situazione com’è realmente nel momento presente, senza amplificazione emotiva o minimizzazione difensiva. Strumenti che integrano pratiche di mindfulness (1) validate scientificamente, protocolli strutturati usati in contesti ad alte prestazioni e situazioni di stress estremo per mantenere presenza mentale. Framework che separano fatti oggettivi da interpretazioni soggettive, che aiutano a distinguere il dolore oggettivo dalla sofferenza soggettiva amplificata mentalmente (il fallimento di un prodotto è un dolore inevitabile, ma passare mesi a ruminare “sono un fallito” è sofferenza evitabile). Procedure strutturate che aiutano a chiarire i propri valori personali e comprendere il proprio scopo per agire meglio (vedi punti 2, 3 e 4), che riducono i bias cognitivi più comuni, quelle distorsioni automatiche che ti fanno vedere solo conferme di quello che già pensi, o evitare informazioni scomode, o sovrastimare rischi remoti.
2) Comunicare in modo strategico e persuasivo. Quante volte hai detto qualcosa in un momento di tensione e immediatamente dopo hai pensato “cazzo, perché l’ho detto”? Quante conversazioni difficili hai gestito male perché non sapevi come iniziarle, come affrontare le reazioni dell’altro e come concluderle senza lasciare macerie? La comunicazione sotto pressione è un’abilità specifica, diversa dalla comunicazione normale: richiede preparazione strutturata, capacità di gestione del timing, consapevolezza delle proprie emozioni e di quelle altrui, chiarezza sul messaggio. Il Business Performance Designer progetta strutture per condurre conversazioni critiche: concludere una vendita che ha preso una brutta piega, comunicare un licenziamento, annunciare un pivot che stravolge tutto, gestire una riunione tesa dove si rischia l’esplosione. Non sono copioni rigidi da recitare, sono guide che danno chiarezza su cosa dire, quando dirlo, come comportarsi di fronte a reazioni imprevedibili, cosa fare se la conversazione deraglia.
3) Decidere in modo scientifico e preciso. Siamo abituati a pensare che le decisioni importanti richiedano “coraggio”, “intuito”, “esperienza”. Tutte cose vere, ma insufficienti quando la pressione è alta. Perché sotto pressione i nostri bias cognitivi si amplificano. Come documentato da Daniel Kahneman, quando operiamo in modalità automatica e reattiva (System 1), tendiamo a confermare quello che già pensiamo, a evitare le perdite anche quando statisticamente converrebbe rischiare, a farci influenzare da informazioni irrilevanti presentate nel modo sbagliato. Il Business Performance Designer crea framework decisionali che attivano il pensiero deliberato e analitico (System 2), incorporando procedure anti-bias, criteri oggettivi di valutazione e metodi per gestire l’incertezza senza restare bloccati. Non elimina l’intuito – che è prezioso – ma lo integra con rigore metodologico. Il risultato è una decisione dove hai fatto tutto quello che potevi fare per ridurre gli errori prevedibili.
4) Risolvere problemi in modo metodico e creativo. Sembra una contraddizione – metodico e creativo insieme – ma in realtà sono complementari. Metodico significa avere un processo strutturato per diagnosticare il problema reale (non il sintomo), per validare rapidamente le ipotesi di soluzione, per capire quando insistere e quando cambiare approccio. Creativo significa superare preconcetti tipo “abbiamo sempre fatto così” o “questa è l’unica strada possibile”. Il Business Performance Designer progetta strumenti che guidano questo equilibrio: framework diagnostici che distinguono causa da sintomo, per capire cosa funziona e cosa non funziona quando hai provato varie soluzioni e tutte hanno fallito, template per validare ipotesi senza sprecare risorse, criteri per decidere quando mollare un approccio anche se hai investito tanto.
Quando affronti una situazione critica usi simultaneamente queste quattro capacità: devi pensare in modo lucido per capire cosa succede davvero, comunicare in modo persuasivo per coinvolgere chi serve, decidere quale strada prendere, risolvere il problema concreto che hai davanti. Ma per imparare a padroneggiare tutto questo, serve scomporli e lavorarci uno alla volta, con processi specifici per ognuno, che spesso comportano piccoli cambiamenti, fatti uno alla volta, che però possono fare una differenza enorme.
I sei ambiti di intervento
Queste quattro capacità si applicano, in modo concreto, soprattutto in sei ambiti dove imprenditori e manager affrontano situazioni ad alta intensità.
• Decision Making. Devi prendere una decisione critica con informazioni incomplete e il tempo che stringe. Tutte le opzioni sembrano sbagliate, oppure rimani bloccato nonostante l’urgenza di scegliere. Gli strumenti progettati per questo ambito aiutano a ridurre sia l’impulsività che il blocco decisionale, fornendo criteri oggettivi di valutazione e metodi strutturati per gestire l’incertezza mantenendo lucidità.
• Problem Solving. Hai provato le soluzioni standard e tutte hanno fallito. Il problema persiste, le risorse si stanno esaurendo, e devi capire cosa non funziona davvero. Servono framework diagnostici che distinguono il sintomo dalla causa profonda, metodi per validare ipotesi rapidamente con risorse limitate, e criteri chiari per capire quando continuare a insistere e quando invece cambiare completamente strada.
• Change Management. Ristrutturazioni necessarie, crescita esplosiva che fa collassare la cultura aziendale, ridimensionamenti inevitabili. Come mantieni le performance del team mentre tutto cambia intorno? Come comunichi trasformazioni difficili senza perdere le persone chiave? Gli strumenti per questo ambito strutturano la gestione delle resistenze e aiutano a mantenere la produttività durante transizioni stressanti.
• Marketing, Comunicazione Strategica & Brand Positioning. Sei in un mercato saturo, il budget è limitato, il tempo a disposizione è davvero poco. Devi differenziarti quando sei percepito come “uno dei tanti”, e comunicare il tuo valore in modo chiaro mentre i competitor urlano più forte. Servono framework per identificare cosa ti rende davvero unico in modo verificabile, definire un tone of voice distintivo e coerente, e gestire i momenti critici dove si gioca la percezione che il mercato ha di te.
• Customer Experience. Ci sono momenti critici del customer journey dove il cliente decide se restare o andarsene. Una situazione è degenerata e serve un intervento di recupero immediato, oppure il rischio di abbandono è alto e l’escalation è arrivata fino al CEO. Come trasformi un cliente insoddisfatto in un promotore del tuo brand? Come comunichi efficacemente quando la tensione è massima e ogni parola che dici può fare la differenza?
• Vendita. Negoziazioni commerciali complesse dove ogni dettaglio conta. Obiezioni che bloccano trattative ad alto valore, dinamiche di potere sfavorevoli, la pressione della chiusura che ti fa perdere lucidità. Servono approcci per preparare negoziazioni critiche, gestire le resistenze senza forzature controproducenti, e mantenere chiarezza strategica quando la tentazione è cedere troppo o spingere in modo controproducente.
Il laboratorio del Business Performance Designer
Tutto parte dall’analisi di performance reali in situazioni di pressione estrema. Nel mio caso, il laboratorio principale è il calcio professionistico. Mi piace molto come sport, ma l’ho scelto soprattutto perché offre condizioni uniche per studiare cosa succede quando la pressione è massima. In una finale di Champions League, quando una squadra è sotto di tre gol e ha quarantacinque minuti per recuperare un risultato statisticamente impossibile, ogni decisione tattica è registrata, ogni comunicazione tra giocatori è osservabile, ogni reazione a un errore è misurabile. Hai dati oggettivi e in grande quantità su cosa funziona e cosa no in condizioni dove sbagliare significa perdere tutto in un tempo ristretto, davanti a milioni di persone, con conseguenze economiche e psicologiche enormi.
Replicare questo studio in un contesto aziendale sarebbe estremamente difficile, se non impossibile. Anche quando un imprenditore ti dà accesso ai suoi dati aziendali – cosa che succede quando collabori per una consulenza o una formazione personalizzata – lo fa per ricevere un supporto specifico per la sua azienda, non perché tu raccolga materiale per un laboratorio di performance che aiuterà chiunque. E comunque, pur superando questa barriera, restano limiti molto più concreti: privacy, segreto industriale, dati riservati e confidenziali. Ma il problema più profondo sono le tempistiche. Situazioni di pressione significative in azienda sono rare e imprevedibili. Dovresti osservare per anni, aspettando che quelle situazioni si verifichino naturalmente. E anche riuscendoci, avresti un campione ridottissimo – poche aziende, poche situazioni critiche, troppe variabili – che rende quasi impossibile distinguere pattern replicabili da circostanze specifiche o fortuna. Il calcio professionistico offre invece centinaia di match critici ogni anno, migliaia di situazioni documentate con dati oggettivi, pattern verificabili su campioni ampi. È un laboratorio naturale che nessun ecosistema business può offrire.
Ho fondato Remontada proprio per questo: è il primo laboratorio di Business Performance Design che usa il calcio come fonte primaria di dati. Il sistema che ho sviluppato combina analisi quantitativa e qualitativa. Da un lato statistiche di performance, tracking dei movimenti, timing degli eventi che vengono analizzati con l’aiuto del machine learning per identificare pattern ricorrenti – in dataset ampi – che sarebbero difficili da rilevare manualmente. Dall’altro l’osservazione qualitativa di dinamiche comunicative, linguaggio del corpo, reazioni emotive, qualità delle interazioni tra giocatori nei momenti critici. Tutti elementi che i numeri da soli non catturano, ma che sono decisivi per capire perché certi pattern emergono.
Quando analizziamo cinquanta partite dove c’è stato un recupero da situazione impossibile, e identifichiamo che in quarantadue di quelle cinquanta c’è stato uno specifico cambio nel modo di comunicare tra giocatori nei primi dieci minuti dopo il momento peggiore, quello non è un caso. È un pattern. E se quel pattern corrisponde a meccanismi psicologici documentati nella ricerca scientifica – per esempio, la capacità di accettare rapidamente una situazione negativa, invece di lamentarsi, consuma meno energia cognitiva e lascia più risorse per l’azione – allora diventa qualcosa che posso trasformare in uno strumento applicabile.
Ma il calcio è solo la fonte. Il lavoro vero è la elaborazione e la traduzione. Prendere quel meccanismo “accettazione rapida situazione negativa libera energia per azione” e trasformarlo in un framework operativo progettato con approccio tipico del design thinking – human-centered, testato iterativamente, semplificato senza banalizzare – per un imprenditore che deve gestire un fallimento di prodotto. Come si fa concretamente ad “accettare rapidamente”? Quali sono i passaggi mentali? Quali sono le trappole cognitive da evitare? Come si comunica al team questa accettazione senza sembrare rassegnato? Come si passa dall’accettazione all’azione costruttiva senza perdere tempo in sterili lamentele?
Il risultato finale è uno strumento che l’utente prende e usa quando serve. La teoria sottostante è disponibile per chi vuole approfondire, ma non è necessaria. Non serve capire come funziona il calcio, né sapere da dove viene quello strumento. Basta usarlo quando si trova in quella situazione specifica, seguire i passaggi indicati, e ottenere il risultato: maggiore lucidità, comunicazione più efficace, decisione migliore, problema risolto.
Ogni strumento viene testato con utenti reali prima di essere pubblicato. Raccogliamo feedback, iteriamo, correggiamo, semplifichiamo dove troppo complesso, aggiungiamo dettagli dove troppo vago. E documentiamo i limiti e i contesti specifici: in quali situazioni lo strumento funziona bene, in quali funziona meno, in quali non funziona per niente. Questa trasparenza è fondamentale.
Per chi è pensato tutto questo
Gli strumenti del Business Performance Designer non sono per tutti. Semplicemente, funzionano bene per un tipo specifico di persona e meno per altri.
Sono pensati per imprenditori e manager che vivono sotto stress costante: dipendenti da pagare, clienti da soddisfare, fornitori con cui interfacciarsi, decisioni da prendere con conseguenze misurabili. Persone che operano tipicamente in piccole e medie imprese o startup, dove le risorse sono sempre limitate, il margine di errore è stretto, e non c’è un grande apparato aziendale che ammortizza gli sbagli.
Funzionano per chi è pragmatico. Chi non cerca qualcuno che lo ispiri o lo motivi, ma qualcuno che gli dia uno strumento che funziona. Chi apprezza il rigore metodologico – citazioni scientifiche, dati verificabili, limiti documentati – più dello storytelling emozionale. Chi vuole autonomia: prendere uno strumento, studiarlo, applicarlo quando serve, senza dipendere da un consulente o coach esterno che deve sempre esserci.
E funzionano particolarmente bene per chi ha già fallito abbastanza volte da sapere che “fare di più” o “impegnarsi di più” non sempre risolve i problemi. A volte serve fare diversamente. Cambiare approccio. Avere un metodo quando l’intuito non basta. Sapere quali sono quei piccoli cambiamenti che, applicati uno alla volta, possono fare una grande differenza. Questa consapevolezza, che l’intensità dello sforzo non sostituisce la qualità del metodo, è fondamentale. Perché gli strumenti del Business Performance Designer richiedono di fermarsi qualche minuto o qualche ora invece di reagire d’impulso nei primi secondi, e seguire un processo strutturato. Non richiedono settimane o mesi di lavoro con un consulente, ma nemmeno permettono la reazione istintiva immediata. Fermarsi deliberatamente va contro quell’istinto che sotto pressione spinge sempre ad agire subito, ma è esattamente questo che fa la differenza tra reazione impulsiva e azione efficace.
Una categoria che risponde a un bisogno molto sentito
Il Business Performance Designer è una categoria professionale nuova. Al momento, nel mondo, ci sono io insieme ad alcuni miei collaboratori. Ho coniato un termine per descrivere qualcosa che facevo e che non rientrava in nessuna “casella” già esistente.
Saper gestire i momenti più critici, prendere decisioni migliori quando il tempo stringe, comunicare efficacemente in situazioni difficili, risolvere problemi complessi con risorse limitate – è un bisogno reale e molto sentito. È una necessità quotidiana di migliaia di imprenditori e manager che sono costretti ad affrontare situazioni complesse con strumenti inadeguati e spesso senza “compagni di squadra” davvero validi.
Negli anni a venire, questa figura probabilmente crescerà. Altri professionisti svilupperanno approcci simili, creeranno loro strumenti, forse definiranno loro metodi. Alcuni useranno laboratori diversi dal calcio – forse il poker ad alto livello o il trading finanziario – ma il principio resterà lo stesso: analizzare performance reali in condizioni complesse, estrarre pattern, trasformarli in strumenti applicabili.
Ma avendo definito una categoria professionale, è mia responsabilità stabilirne gli standard, insieme ai miei collaboratori. Quindi: cosa significa fare questo lavoro con rigore e come si distingue un BPD serio da qualcuno che si presenta come tale, ma poi vende le stesse cose di sempre con un’etichetta nuova. E soprattutto, stiamo creando strumenti che possano essere utili, testandoli, iterandoli, documentandone i limiti con attenzione.
Alla fine conta questo: quando un imprenditore si trova con le spalle al muro, prende uno dei miei – anzi nostri – strumenti, lo usa nel modo giusto e la situazione migliora. Questo perché lo strumento è stato costruito con rigore e fornisce un metodo chiaro per pensare, comunicare, decidere e risolvere meglio. Rigore nel processo, risultati nella pratica: ecco gli standard che contano.
Giuseppe Luca Propato
Business Performance Designer
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(1) Mindfulness. Ci sono tantissime definizioni della mindfulness. Qualcuno pensa sia una specie di meditazione o una tecnica di rilassamento, una forma di religione o applicazione del pensiero positivo. Sono interpretazioni fuorvianti. Per quanto mi riguarda, dopo anni di studio ma soprattutto di pratica, sono giunto alla stessa conclusione del medico e psicologo Russ Harris (uno dei principali esponenti mondiali in materia di ACT – Acceptance and Commitment Therapy): «La mindfulness è un insieme di abilità psicologiche per vivere efficacemente. Sono abilità che, nel loro insieme, implicano il prestare attenzione (al momento presente, nda) con apertura, curiosità e flessibilità». Il discorso è ovviamente più ampio e variegato, ma verrà approfondito in successivi articoli ed è parte integrante degli strumenti che progetto.
Glossario: Customer journey, Tracking, Machine learning, Startup